Video selezioni, aperitivo, mostra.

martedì 28 aprile 2009

Playlist a cura di Emanuele de Donno

What kind of statues? a fox in fox tv.
Paradox of praxis - sometimes making something leads to nothing

a cura di Emanuele De Donno
giovedì 30 aprile_8.00 pm

Che tipo di statue? What kind of statues?

La scena al giardino di statue del MoMA di New York in Shadows di Cassavetes inizia un percorso di ombre video.

I trasporti eccezionali del cubo invisibile di Gino De Dominicis ad un museo,

del mattone di ghiaccio di Francis Alys : Paradox of praxis - sometimes making something leads to nothing.

Parate, imprese e relativi apparati, modern processions, hit parades che non conducono a nulla se non trasferimenti temporanei, in cui l’artista si fa facchino, mozzo, zorro, guardiano di notte e portiere di calcio.

Quale ruolo migliore per osservare una partita di calcio, quale luogo migliore per osservare, in consolle.

La play list avrà una pausa primo tempo in cui saranno proiettati dei trailers Cinema.



Video selezionati

Shadows John Cassavetes 1959

Fall I Los Angeles Bas Jan Ader 1970

Fall II Amsterdam Bas Jan Ader 1970

Railings Francis Alys 2005

The modern procession Francys Alys 2002

The Goalkeeper's Fear of the Penalty Wim Wenders, 1972

Zidane A 21st Century Portrait Douglas Gordon e Philippe Parreno 2006

Jacques Tati - Il portiere servizio su Rai Tre 2002

el zorro en el museo videonews di Fox TV su Nightwatch Francis Alys 2004

Play Time Jacques Tati 1967

Paradox of praxis - sometimes making something leads to nothing Francis Alys 1997

Trasporto eccezionale gruppo viaindustriae 2006



trailers Cinema

La Ragazza Con Gli Stivali Rossi (La Femme Aux Bottes Rouges) Juan Bunuel 1974

Viva Anna Biller 2006

Play Time Jacques Tati 1967

Here Is Always Somewhere Else Bas Jan Ader (1942-1975) / Documentary trailer

Rene Daalder 2007

Playlist a cura di Alberto Zanchetta

PLAYLIST: Ex Ignorantia Ad Sapientiam; E Luce Ad Tenebras
a cura di Alberto Zanchetta
martedì 28 aprile_8.00 pm

La playlist curata da Alberto Zanchetta è concepita come un nostalgico tributo alla tecnologia analogica. Contributi da film in videocassetta (il nastro magnetico ricorda da vicino la pellicola cinematografica) saranno inseriti manualmente per enfatizzare i tempi morti in cui il nastro magnetico viene inserito o sostituito nel videoregistratore, così come per valorizzare i rumori “sordi” prodotti dal tasto Play, Stop ed Eject. La proiezione degli estratti, da film noti e meno noti, subirà l’in(ter)ferenza di un video DVD di Jacopo Mazzonelli [artista visivo, classe 1983, nato a Trento, dove vive e lavora]; tra passato e presente, tecnologie vecchie e nuove, le proiezioni creeranno un labirinto di coincidenze, analogie, suggestioni intorno al tema della devitalizzazione e della desensibilizzazione umana.

Per l’ouverture della playlist sono stati scelti i titoli di testa del celebre Psycho [1960] di Alfred Hitchcock, capolavoro grafico realizzato da Saul Bass e cadenzato dai toni orchestrali di Bernard Hermann; il tema musicale sarà poi ripreso e rivisitato da un altro capolavoro, questa volta del genere horror: Re-Animator [1985] di Stuart Gordon. Liberamente tratto dal racconto Herbert Wells, professione rianimatore di H.P.Lovecraft, i titoli di testa dello splatter-movie si articolano in un sapiente cut-and-paste di famosi disegni anatomici, scorticati umani che fanno da preambolo alle ricerche scientifiche di una immaginaria università dell’Arkham.

Dalla Miskatonic Univerity di Gordon/Lovecraft accediamo quindi ad altri cinque istituti di cura: nel mediometraggio Crime of the future [1970] di David Cronenberg – proposto qui integralmente – assistiamo a una carrellata di pazienti affetti da anomalie fisiche, stravaganti malattie, mutazioni ed evoluzioni genetiche. A questo punto sorge spontanea una domanda: ci fanno più paura i morti (di Gordon) o i vivi (di Cronenberg)? La verità è che temiamo il bizzarro, ossia ciò che non conosciamo. Quell’ignoto che potrebbe nascondersi anche dietro una semplice porta.

Nel video Doors [2008], Jacopo Mazzonelli isola dai film di Hitchock delle scene in cui i protagonisti aprono e chiudono delle porte; montate in sequenza, le porte divengono accessi privilegiati per ambienti e situazioni sconnesse tra di loro. L’artista capovolge quindi le precise caratteristiche formali e narrative a favore di un non-sense generalizzato, reso ancor più claustrofobico da un accompagnamento musicale che parafrasa il tema di Psycho e che è stato depurato dal suo elemento ritmico.

A seguire, il finale di Kafka [1991] di Steven Sodebergh che, come nel video di Mazzonelli, passa da una ispirata grisaglia all’irruzione del colore. Nella rilettura pseudo-biografica dello scrittore cèco gli incubi e i deliri ci conducono alla scoperta di una “società assicurativa”, di un "processo" e di un “castello” in cui vengono torturati e trapanati i cervelli di involontarie cavie umane. Sullo sfumare dei titoli di coda, il film si ricollega idealmente all’incipit hitchockiano: un viaggio nel dispendio – quello dell’ignoto umano – trattato con algida, quasi clinica, perizia. (Un puzzle all’infinito… in loop…).

Parallelamente alla playlist, verrà allestita una esposizione monografica di Jacopo Mazzonelli in cui la proiezione in DVD del video Doors si richiama a un ritaglio di giornale che riporta l’articolo “Requiem per il VHS”; l’avvento del DVD, e più recentemente del Blu-Ray, hanno infatti segnato i rintocchi a morto del supporto audiovisivo, che aveva dominato il mercato dell’Homo video per più di un quarto di secolo. Contrariamente al VHS e agli audio-tape, che non offrono una definizione ad alta qualità, i dischi in vinile resistono all’obsolescenza tecnologica (ci torna nuovamente in aiuto Lovecraft, spiegando che il dato più profondamente drammatico e severamente orribile dell’universo è il conflitto con il tempo: «il più potente e fruttuoso soggetto nell’ambito dell’espressività umana»).

In questo senso, la ricerca di Mazzonelli lavora costantemente sull’aspetto musicale-percettivo del suono nell’ambito della modernità, e dall’altro declina lo stesso in ambito plastico e videoartistico, applicando criteri di ordine compositivo-musicale all’elaborazione artistica. Le sue ricerche si legano alla dimensione non solo espressiva, ma anche esoterica, percettiva o politica del suono. Ogni intervento dell’artista mira a funzionare come un modello autosufficiente nel quale senso e struttura azionano un meccanismo circolare di rimandi, fortemente simbolici e perfettamente finiti. Mentre l’opera Pavane for a dead child riprende il “canto del cigno” della Playlist, con la serie Bird is not a bird l’artista presenta uno dei cicli che ha recentemente elaborato intorno alla figura di Charlie “Bird” Parker. Morto a 35 anni, dopo una vita infelice segnata dall’eroina, Paker riassume in sé un’intera generazione di jazzisti formidabili, in cui l’uso e l’abuso di droghe facevano da contraltare ad un inesauribile estro musicale.

La serie su Parker si presenta come un ipotetico monumento funebre, composto da una serie di vinili incisi dallo stesso jazzista - Bird on Dial - e un’installazione a terra in cui una siringa degli anni ’40 sostituisce la puntina di un giradischi (virtuale perché dipinto a terra), anch’esso deformato come i vinili che lo sovrastano. La deformazione dei dischi e la loro successiva plastificazione testimoniano una sorta di violenza operativa che l’artista impone all’oggetto (il quale smette di suonare e si svuota della sua funzione primaria per divenire elemento plastico, scultoreo, denaturato e artificiale).

L’opera è la terza dell’omonima serie. In questo caso l’artista utilizza quattro buste che servivano a proteggere i vinili dell’edizione originale di Bird on Dial. Montate a coppie, esse formano una sorta di eclisse lunare ottenuta dalla sovrapposizione delle circonferenze centrali. Due neon, montati a muro in corrispondenza delle teche, illuminano la carta sbiadita delle buste tagliando la composizione in senso orizzontale. L’elemento “tragico”, che aveva segnato e caratterizzato l’esistenza di Parker, viene qui formalizzato attraverso un’oscurità (solo apparente) che si di-mostra attraverso il suo contrario: la luce.

Costruita sulla falsariga del clavicordo, strumento musicale in uso tra Cinque e Settecento, l’opera Pavane for a dead child indaga i rapporti tra l’elemento plastico-scultoreo e la reazione emotiva del fruitore. Adagiata a terra come fosse una bara per bambini, l’opera è sia una scultura che uno strumento musicale pronto all’uso. Il titolo cita l’opera musicale Pavane Pour Une Enfant Défunte [1899] di Maurice Ravel, composizione che conserva nel titolo e nella scrittura un eco del mondo barocco (la Pavana è una danza di corte - in metro binario e di andamento moderato - che sostituì nel primo quarto del XVI secolo la Basse, e che ebbe il suo periodo di splendore nel XVI e XVII secolo).

VIDEO SELEZIONATI:

Alfred Hitchcock, Psycho, 1960. Film (Usa)

Stuart Gordon, Re-Animator, 1985. Film (Usa)

David Cronenberg, Crime of the future, 1970. Film (Canada)

Jacopo Mazzonelli, Doors, 2008. Video (Italia)

Steven Sodebergh, Kafka, 1991. Film (Usa/Francia)

martedì 21 aprile 2009

Palylist a cura di Lorenzo Taiuti

Videoformalismi
a cura di Lorenzo Taiuti
giovedì 23 aprile 2009


È passato più di un decennio dall’apparizione di Bill Viola al Padiglione americano alla Biennale di Venezia e dal conseguente inserimento del video fra gli strumenti espressivi alla pari degli altri usati nell’arte contemporanea.
L’enorme successo del gruppo degli “Young British” degli anni novanta ha reso visibile quella videoarte che era stata durante gli anni ottanta una variante alternativa, separatista e attivista al ritorno alla pittura della Transavanguardia.
La finale legittimazione delle due Biennali di Szeeman ha indicato nel video come nella fotografia i due media portanti dell’uscita dalla problematica postmoderna.
È curioso però che questa responsabilizzazione del video abbia portato ad alcune scelte che ridiscutono le sue premesse di linguaggio che critica e formalizza l’anonimato linguistico della televisione. La casualità e la volontaria sciattezza sono diventati gli elementi connotanti una “videoespansione” che ha toccato (anche se in forma sporadica ) quasi tutti gli artisti contemporanei.
Un’ estetica da CNN sui teatri di guerra era la dominante di Documenta di qualche anno fa, il talk show italiano e la “verità” del video amatoriale ha rimpiazzato lo sperimentalismo formale degli anni ottanta.
Certo con le dovute eccezioni, come il bel lavoro di Shirin Neshat, di Sam Taylor Wood e di Tony Oursler.
Ma di fronte all’integrazione del video sembra giusto porsi di nuovo le classiche domande della sperimentazione contemporanea sulla necessità della forma come elemento di verità e necessità di un linguaggio, il video, che deve ricavare la sua qualità espressiva con un necessario scarto dall’universo televisivo e dalla proliferazione della comunicazione audiovisiva sulla rete e attraverso cellulari, schermi a plasma e nei mille diversi modi che stiamo vivendo.
Come negli anni 80 “Video Is Not Television!”

I tre autori che presento alla Galleria Neon sotto il titolo di “Videoformalismi” presentano tre modi diversamente interessanti e formalizzanti di usare il video.
“Absolutely Cuckoo” degli “Elastic Group” utilizza sistematicamente degli effetti di distorsione e morphing per organizzare una narrazione della “sorpresa” visiva.
Così come in altri loro lavori l’uso di obiettivi a ultrarosso immergono le cose in una luce verdastra e spettrale.
Marinella Senatore in "All the things i need" presenta un eccentrico musical, dove persone fotografate con luci e tecniche accurate e “cinematografiche” cantano melanconicamente desideri e paure, in interni/memoria che rinviano a molto cinema d’autore e insieme alla tradizione del cinema musicale.
Il norvegese Crispin Gurholt lavora su “tableaux vivants” collocati in situazioni diverse e a volte, come in questo caso, nell’ambiente d’arte.
Nel suo video “Vernissage” ferma in un “freeze” glaciale i gesti e gli atteggiamenti tipici del sistema dell’arte nella cerimonia che maggiormente oggi lo rappresenta: il Vernissage.
Fermati nel tempo e nel dato culturale i personaggi ( attori ) sono monumento all’aspetto cerimoniale dell’arte e al suo “raffreddarsi” come funzione linguistica.
I valori “stilizzanti” presenti nei tre lavori affermano un dato che mi sembra importante: la centralità del formalismo visivo nell’uso del video oggi, irrinunciabile elemento espressivo del linguaggio audiovisivo.


VIDEO SELEZIONATI:

Elastic Group OF Artistic Research, Absolutely Cuckoo.
Gli “Elastic Group OF Artistic Research” sono un duo formato da Alexandro Ladaga e Silvia Mantega ( www.elasticgroup.com ) operanti a Roma.
Hanno al loro attivo numerose mostre individuali e di gruppo e un invito alla Biennale di Venezia.

Marinella Senatore, All the things i need, 2006.
Marinella Senatore ha partecipato a numerose mostre fra cui “Italics” a Palazzo Grassi e la Triennale di Torino, lavora fra Roma e Madrid.

Crispin Gurholt, Vernissage, 2006.
Crispin Gurholt, norvegese, lavora con performance, video e fotografia, ha esposto più volte sia in patria che in diverse gallerie europee oltre che a Roma e a Venezia nel 2007.

Playlist a cura di Pier Luigi Tazzi

Loop
a cura di Pier Luigi Tazzi
giovedì 16 aprile 2009

Pier Luigi Tazzi per Playlist presenta LOOP, una sequenza di sette opere in video di altrettanti artisti di diversa formazione e provenienza, intervallate da siparietti realizzati in congruamente dal curatore stesso. Ciascuna opera e siparietto, a parte una, sono stati pensati e strutturati in loop, una modalità ampiamente adottata in opere che utilizzano il video come medium. Il loop indica l’eterno ritorno, la circolarità del tempo, il superamento della linearità narrativa a termine, come un mantra visivo salvifico e apotropaico. A Neoncampobase la sequenza dà luogo ad un fondale che varia con una propria lentezza aprendosi ogni volta su un diverso orizzonte.
Sono le opere Kids on the Boat, 2003, di Giovanni Ozzola (Firenze 1982, vive a Prato), Abbandono, 2004, di Sabrina Mezzaqui (Bologna 1964, vive a Marzabotto), Al Aqsa Park, 2006 di Wael Shawky (Eskendereyya 1971, vive a Eskendereyya), Progetto per disperdere energia, 2007, di Michelangelo Consani (Livorno 1971, vive a Castellanselmo), One Drop, 2008, di Robert Pettena (Pembury 1970, vive a Firenze), EX-C-F1, 2008-2009, di Huang Shih-Chieh (Taipei 1975, vive a New York) e Running Angle, 2009 e prima mondiale, di Maitree Siriboom (Ubon Rathchatani 1983, vive a Bangkok).

Ogni impresa di questo tipo implica la partecipazione a vario titolo di molte persone, che qui vorrei ringraziare: anzitutto gli artisti, e Robert Pettena in particolare che ha offerto le proprie capacità, le proprie attrezzature e il proprio tempo per la realizzazione di questa playlist. Ringraziamenti speciali vanno a: la vasta famiglia dei Rengjaras della Provincia di Kalasin, e in particolare il mio amico Ball, unitamente agli abitanti del villaggio di Ban Chot; Vanni Bassetti, Prato; Verusca Piazzesi e la Galleria Continua di San Gimignano, Pechino e Parigi; Claudio Poleschi e suo figlio Davide, Lucca; Lapo Ruggeri, Calenzano; Merve Berkman e sua madre, Beykoz; Reinhart Frais e Nim Kruasaeng, Pattaya.

Palylist a cura di Eléonore Grassi

Visioni del mondo
a cura di Eléonore Grassi
1 aprile 2009 ore 20.00


La parola tedesca Weltanschauung esprime in un solo termine un concetto complesso che può essere tradotto con “visione (o concezione) del mondo”, propria di un individuo, di un gruppo o di un dato periodo storico.
Anche un’opera d’arte può essere considerata una visione del mondo.
Nella selezione di video presentata si susseguono e si intersecano diversi tipi di visioni: esterne, interiori, personali, collettive, generazionali. 12 video dalla natura più varia: videoarte, fotografia, cinema, teatro, poesia, ricerche sonore; diversi modi di approcciare la realtà, di osservarla e di riprenderla/interpretarla, nell’idea che la diversità e la pluralità delle visioni e dei linguaggi siano necessarie per riflettere e comprendere caos e complessità.
La scelta si è orientata sulla produzione contemporanea di artisti italiani più o meno emergenti.
Idealmente legata alla mostra Worldmaking, Visioni del mondo è una riflessione sul mondo ma da un altro punto di vista.

Si ringraziano gli artisti per i video e la collaborazione; Luca Ghedini e Luciano Maggiore per il montaggio.

Alice Guareschi, Untitled (fall), 2005, miniDV, 14’

Luciano Maggiore, Nocturne and back way, 2008, miniDV, 7’ 03’’

Davide Tidoni, Butisì (Sound Space Researcher #07), 2007, miniDV, 7’ 06’’

Luca Nostri, The man comes around - David Farrell sulla via Francigena, 2008, digitale (da Leica), 8’16’’

Giuseppe Tedeschi, Haiku, 2007, digitale (da telefono cellulare), 2’ 54’’

Luna Amato, Videopoesia, 2004, miniDV, 2’ 10’’

Pietro Babina, Psyche, 1998, video 8, 5’.

Francesca Grilli, Gordon, 2007, film 16 mm, 7’ 07’’

Elio Castellana, Una Cena, 2008, HD, 5’

Maura Delpero, in collaborazione con Gianluca Mattei, Four Tracks from Ossigeno, 2008, miniDV, 9’

Babilonia Teatri, Made in Italy, 2007, digitale, 17’ 30’’

Moira Ricci, Ora sento la musica, chiudo gli occhi, sento il ritmo che mi avvolge, fa presa nel mio cuore, 2007, video VHS, 5’