Video selezioni, aperitivo, mostra.

martedì 20 gennaio 2009

Playlist a cura di Valentina Bernabei

Da Chateau Marmont a you tube

Chateau Marmot è il nome dell’hotel di Los Angeles le cui stanze dal 1939, anno in cui è stato fondato, a oggi, hanno ospitato più musica di qualsiasi altro hotel. Molti musicisti hanno composto in quei bungalow con vista mozzafiato sulla California, alcuni hanno cercato l’ispirazione invano, altri, ancora, l’hanno cacciata. Musiche composte e sedie spaccate, da Jim Morrison ai Red Hot Chili Peppers: tutto in un luogo solo. Ascoltare e produrre musica oggi, invece, non presuppone un luogo unico e definito. La rete ha cambiato definitivamente la fruizione del suono. Sentire musica e vedere immagini nello stesso tempo richiede sempre meno fisicità: onde radio, cablaggi, zone wireless, immagini in movimento, comunicazione e tecnologia hanno fatto si che, nel tempo, avvenisse una vera e propria deterritorializzazione. Si sfugge all’immobilità delle architetture e anche l’audiovisivo diventa liquido, dilaga in mille forme e in mille spazi, urbani, virtuali e visivi. Così parallelamente la nostra percezione della musica o meglio della musica + immagini si è modificata, a partire dall’evoluzione del videoclip (dagli inizi performativi passando per i clip narrativi e per finire a mescolarsi senza confini con la videoarte) fino alla più recente diffusione di you tube (da cui provengono tutti i video presentati in questa playlist). Il videoclip non è più soltanto il mezzo espressivo che la semiotica definisce “testo breve”. Racchiude tutta un’altra storia: quella degli artisti visivi e dei musicisti che hanno iniziato a confrontarsi, mescolando i linguaggi, cambiando registro, inventando nuovi codici. Registi affermati, artisti con stili ben definiti hanno messo il proprio immaginario a servizio della musica e dei musicisti, sfondando i muri di vecchie stanze d’albergo ormai strette per contenere solo la propria arte. Da Darek Jarman che nel 1986 gira il videoclip “The queen is dead” per The Smiths a Damien Hirst che nel 1995 incuba tutta la sua verve da young british artist (compaiono già i “teschi” ma ancora non sono ricoperti di diamanti) in “Country House” dei Blur, passando per Caterina Notte che, con “Toxic”, attua una vera e propria Self-reflexive parody, forma testuale spesso usata nel videoclip, in cui il testo del clip è la parodia del videoclip stesso. E poi ancora Anton Corbijn, fotografo e regista olandese il cui nome è spesso stato associato al mondo musicale, soprattutto ai nomi di Depeche Mode e dei Nirvana, per cui ha firmato diversi videoclip arrivando a vincere nel 1993 l’Mtv Music Award per “Heart Shaped Box”, brano del gruppo di Seattle. Spike Lee plasma con il suo inconfondibile stile il videoclip del gruppo hip hop Public Enemy, con cui inizia a collaborare per la colonna sonora del film “Fa la cosa giusta!”: il risultato è il video del brano “Fight the power”, diventato alla fine una sorta di manifesto del gruppo stesso. Parte dal cinema anche il video della canzone “Stay (Faraway, So Close!)” degli U2: il film in questione è “Così lontano così vicino” realizzato da Wim Wenders nel 1993. Bono e soci hanno scritto il brano inserito nella colonna sonora del film e il regista ha realizzato il videoclip, che include scene girate appositamente e scene del film stesso. Registi e musicisti lavorano insieme anche in “It’s Oh So Quiet” di Björk: Spike Jonze riprende l’esibizione della cantante come se si trattasse di ironico musical, in cui il brano cantato è una sorta di ritorno al passato, visto che It’s Oh So Quiet è una cover di “Blow a Fuse” cantata parecchi anni prima, in maniera quasi identica, da Betty Hutton. Michel Gondry per i Chemical Brothers crea una clip meno romantica e più tecnica: il video di “Let forever be”, realizzato con diverse tecniche tra cui quella del morhing, riprende una ragazza che vive in diversi contesti, senza stacchi, sospesa tra dimensione reale e dimensione onirica e virtuale. Infine la playlist si chiude con “When are you gonna start” di Planning To Rock, dietro il cui nome si cela la perfomer tedesca Janine Rostron, che da anni porta avanti il suo progetto solista in cui vengono create insieme musica e visual art, sempre proiettata durante le sue imperdibili performance live.
Derek Jarman “The queen is dead” per The Smiths

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