A KIND OF MAGIC
a cura di Emanuela Nobile Mino
La grande innovazione insita nella scoperta e nell’attuazione dell’immagine in movimento sta, secondo Bill Viola, nel fatto che il video per default comporta ed esige non la semplice attenzione o presenza fisica ma il coinvolgimento diretto, sensoriale dello spettatore, sviluppando con questo un rapporto 1:1 e agendo, più che qualsiasi altra forma di rappresentazione, sulle capacità percettive di chi osserva, soprattutto quando mette in scena realtà innaturali, immaginifiche o presenta riproduzioni artificiali e artificiose in grado di provocare un ribaltamento del senso di realtà, scatenando inevitabilmente reazioni differenti nei singoli soggetti.
L’immagine in movimento ha di fatto, fin da principio, restituito all’uomo la possibilità di liberare quell’istinto congenito di indagare la sfera che si interpone tra la realtà contingente e quella assoluta, spirituale, ignota. Fornendogli una concreta opportunità di ipotizzarla rappresentandola nei modi più vari, muovendosi agilmente su quella linea d’ombra che separa, senza demarcarle, realtà e irrealtà.
Il video ha incarnato l’opportunità di dare corpo e rendere condivisibili visioni individuali, oniriche, mentali e ha contribuito a caricare non solo la prefigurazione fantastica del futuro dei significati e delle valenze più varie, il più delle volte fornendo anticipazioni in grado di iscriversi nella mente dello spettatore attraverso espedienti ottici e manipolazioni iconografiche di grande suggestione; ma ha anche concorso ad attribuire al tempo presente una sua possibile altra estensione, coeva e parallela, in una meta-realtà, esteticamente credibile.
Questo tipo di escamotages tecnico/estetici propri del cinema come del video, insomma le potenzialità dell’immagine in movimento, sono oggi più che mai acquisiti e la loro applicabilità abbondantemente sperimentata, tanto che il termine virtualità non suscita più alcun infervoramento.
A Kind of Magic playlist si fonda proprio su questo assunto e intende di proposito concentrarsi e creare un percorso - volutamente un po’ sbilenco, poco lineare e per forza di cose lacunoso - attraverso alcuni diversi esempi di visual trickery costruiti attraverso l’impiego di low technology. Ovvero declinazioni video che si articolano in storyboards in grado di far insorgere nello spettatore il senso di meraviglia, di illusione e di incanto, nonostante il carattere semplicistico-sperimentale o l’inclinazione pauperistica della loro struttura dovuta sia al mancato utilizzo di espedienti tecnologici altamente avanzati (necessariamente negli estratti storici, intenzionalmente nei lavori più recenti), che all’ambiguità stessa dell’immagine. Dimostrando come sia possibile suscitare emozione e interrogativi e produrre significato attraverso la manipolazione seppur minima dell’immagine, con un inganno ottico dato una particolare giustapposizione di luci, con una anomala sovrapposizione di sequenze, con enigmi ottici, con il montaggio. Più o meno quanto avviene in maniera più sofisticata ma altrettanto pura in alcuni lavori tridimensionali (James Turrell, Olafur Eliasson, Anish Kapoor, Leandro Erlich, Thomas Demand, Urs Fisher, Fischli&Weiss, ecc.), la cui visione “via video”, imponendo uno specifico punto di osservazione, riesce a volte ad accentuarne i valori illusionistici (queste tematiche saranno sviluppate ed approfondite nel progetto di mostra che inaugurerò a Praga a novembre 2009).
A Kind of Magic playlist, attraverso video di differente natura, epoca e provenienza, per lo più scaricati da YouTube (spezzoni di film, video d’artista, video clip, documentazioni di mostre, filmati di ignoti, ecc.), pone la questione di come con relativa facilità l’occhio dello spettatore possa essere tradito e messo sotto scacco da effetti anche molto poco speciali, in particolar modo quando un medium si interpone all’esperienza diretta, filtrando il dato reale e restituendolo sotto una data prospettiva in grado di mutarne i connotati sia epidermici che sostanziali.
Concentrandosi sul potere destabilizzante e surprising della rappresentazione, A Kind of Magic riflette sull’ingannevole natura del rapporto interattivo che automaticamente si crea tra visione e percezione, occhio e mente, opera e spettatore, realtà e sogno, materia e fantasma.
Video selezioni, aperitivo, mostra.
mercoledì 25 marzo 2009
martedì 17 marzo 2009
Playlist a cura di Viviana Checchia
Tusovka, atto II
Videoart in Slovakia
a cura di Viviana Checchia
Nello scenario dell’Est Europa l’esempio della Slovacchia è paradigmatico per comprendere come la fine del totalitarismo ha segnato il passaggio dall’esistenzialismo al consumismo.
Questo assioma corre in parallelo con quanto Milan Kundera affermava a proposito dell’ideologia, sostituita dall’imagologia: "Le ideologie facevano parte della storia, mentre il dominio dell' imagologia inizia là dove la storia finisce"
L’imagologia, per lo meno in ambito letterario, si pone come obbiettivo quello di comparare le immagini verbali e narrative mettendole a confronto. Rappresenta, quindi, uno studio di immagini, che non sono mai caratterizzate da una immediatezza di comprensione. Questa operazione di confronto può aiutare ad avvicinarci alla conoscenza dell’Altro senza incorrere in pregiudizi o stereotipi, e rappresenta lo sforzo che viene richiesto per entrare nel vivo di questa Playlist slovacca.
L’inizio degli anni Novanta è stato caratterizzato dalla “caduta del muro”, un avvenimento che ha sconvolto un ordine che sembrava indistruttibile.
Da quel momento abbiamo scoperto che nell’Est avevamo dei “vicini” e ci siamo accorti che la distanza che ci separava da loro non era poi così grande.
Grazie alla diffusione di Internet, dagli anni Novanta in poi, queste distanze sono andate annullandosi. Allo stesso tempo, il video, insieme ai new media, è diventato il nuovo mezzo di comunicazione artistica prendendo il sopravvento sulle arti visive. Questo ha agevolato anche in Slovakia la democratizzazione dell’arte.
La digitalizzazione e la globalizzazione hanno favorito quello che si può definire il boom della video arte e della digital art.
Il video si è diffuso così in varie forme: videotapes, video installations, video films, o video performances.
La separazione che il muro aveva creato metteva in evidenza l’ignoranza di un universo culturale che continuava a creare e ad inventare.
Scopriamo così una realtà d’avanguardia anche nel campo della videoarte, per noi, purtroppo, sconosciuta ma fortunatamente preservata dagli eccessi di commercializzazione propri del mondo occidentale.
Essa ha mantenuto tutta la sua integrità espressiva fino a divenire, oggi, una fonte di creatività che non possiamo di certo ignorare.
Esistono dei temi ricorrenti che accompagnano la produzione video degli artisti slovacchi, dai più affermati ai più giovani; si parla di identità, di linguaggio, di aspetti sociali, urbani, paesaggistici …
Tutto ciò è frutto di un profondo “cambiamento”. Questa parola, così cara alla nostra vecchia Europa, ha così acquistato un senso nuovo, non si riferisce più ad una fase, parte di una continua evoluzione, ma ad uno spostamento da un luogo all’altro.
Sono gli imagologi che hanno creato questi significati, sistemi di ideali ed anti ideali. Questi sistemi hanno breve durata, vengono continuamente sostituiti da nuovi aggiornamenti, ma , nonostante ciò, influenzano il nostro comportamento, le nostre opinioni ed il nostro gusto estetico, nello stesso modo in cui un tempo riuscivano a dominarci i sistemi degli ideologi.
Può sembrar strano, ma l’attuale ondata globalizzatrice che sconvolge il mondo intero trova gli europei dell’est, e quindi anche gli slovacchi, più assuefatti di noi occidentali a quell’inevitabile livellamento del gusto e dei comportamenti che ne deriva e ciò per il fatto stesso di aver loro invece dovuto, in passato, sopportare il giogo di un regime totalitario.
Non è strano però che, proprio per questi motivi, più forte è la loro reazione , in quanto abituati alla lotta ed alla resistenza, con un convinto impegno nella ricerca di una identità individuale.
Se per noi occidentali la libertà è un’abitudine di cui fingiamo quasi di non più accorgerci, per gli slovacchi averla così di recente ritrovata è una gioia che traspare con evidenza nell’impegno e nell’entusiasmo che trasfondono nella loro attività creatrice.
VIDEO SELEZIONATI:
Dusan Zahoransky, The Georgian summer, 2006
Mira Gáberová, Between, 2005
Mira Gáberová, Forever, 2006
Maja Stefanicová, Dictionary: 77 entries, 2007
Lenka Klimešová, Beautiful is…, 2009
Radovan Bries, CEZ OKNO, 2006/2007
Radovan Bries, Myšlienky, 2009
Stanislav Veselovskŷ, Urban orchester, 2008
Anna Tretter, O.T. , 1997-2002
Petra Ferancova, Forward
Andrea Chrenová e Monika Kováčová, Walk on by, 2009
Richard Kitta, NatuREcord
Andràs Csèfalvay, Cyberclasm, 2008
Andràs Csèfalvay, Harakiri, 2008
Michal Kačmar e Jaro Vaľko , Rember your friends
Martin Kicka, Way home
Matej Papik, Prayers, 2007
Ivana Kohlhammerová , MOveMENT, 2007
Lukáš Matejka, 20m
Lukáš Matejka, Digital Sculler, 2007
Marek Stolarcik, OUTLINE, 2007
Marián Balko, nosirP, 2008
Martin Palkov, catharsis, 2007
Martin Palkov, Vykukanie, 2006/2007
Michal Murin, KO, 2006
Ondrej Vozarik, HANDSFREE, 2007/2008
Eja Devečková, Gestures, 2008
Jana Bubelinyova, Untitled
Boris Vaitovic, short town, 2000
Boris Vaitovic, Own Life, 2005
Richard Kitta, in (vhs) memory of jp2, 2005
Illah van Oijen, The impossible, 2008
Olga Pastekova, In the Wind
Matúš Lányi, Revelation, 2006
Miro Nicz, Stiky sweet, 1996
Adriana Janechová, Jump to the other age, 2008
Zuzana Masárová, Faidon, 2007/2008
Videoart in Slovakia
a cura di Viviana Checchia
Nello scenario dell’Est Europa l’esempio della Slovacchia è paradigmatico per comprendere come la fine del totalitarismo ha segnato il passaggio dall’esistenzialismo al consumismo.
Questo assioma corre in parallelo con quanto Milan Kundera affermava a proposito dell’ideologia, sostituita dall’imagologia: "Le ideologie facevano parte della storia, mentre il dominio dell' imagologia inizia là dove la storia finisce"
L’imagologia, per lo meno in ambito letterario, si pone come obbiettivo quello di comparare le immagini verbali e narrative mettendole a confronto. Rappresenta, quindi, uno studio di immagini, che non sono mai caratterizzate da una immediatezza di comprensione. Questa operazione di confronto può aiutare ad avvicinarci alla conoscenza dell’Altro senza incorrere in pregiudizi o stereotipi, e rappresenta lo sforzo che viene richiesto per entrare nel vivo di questa Playlist slovacca.
L’inizio degli anni Novanta è stato caratterizzato dalla “caduta del muro”, un avvenimento che ha sconvolto un ordine che sembrava indistruttibile.
Da quel momento abbiamo scoperto che nell’Est avevamo dei “vicini” e ci siamo accorti che la distanza che ci separava da loro non era poi così grande.
Grazie alla diffusione di Internet, dagli anni Novanta in poi, queste distanze sono andate annullandosi. Allo stesso tempo, il video, insieme ai new media, è diventato il nuovo mezzo di comunicazione artistica prendendo il sopravvento sulle arti visive. Questo ha agevolato anche in Slovakia la democratizzazione dell’arte.
La digitalizzazione e la globalizzazione hanno favorito quello che si può definire il boom della video arte e della digital art.
Il video si è diffuso così in varie forme: videotapes, video installations, video films, o video performances.
La separazione che il muro aveva creato metteva in evidenza l’ignoranza di un universo culturale che continuava a creare e ad inventare.
Scopriamo così una realtà d’avanguardia anche nel campo della videoarte, per noi, purtroppo, sconosciuta ma fortunatamente preservata dagli eccessi di commercializzazione propri del mondo occidentale.
Essa ha mantenuto tutta la sua integrità espressiva fino a divenire, oggi, una fonte di creatività che non possiamo di certo ignorare.
Esistono dei temi ricorrenti che accompagnano la produzione video degli artisti slovacchi, dai più affermati ai più giovani; si parla di identità, di linguaggio, di aspetti sociali, urbani, paesaggistici …
Tutto ciò è frutto di un profondo “cambiamento”. Questa parola, così cara alla nostra vecchia Europa, ha così acquistato un senso nuovo, non si riferisce più ad una fase, parte di una continua evoluzione, ma ad uno spostamento da un luogo all’altro.
Sono gli imagologi che hanno creato questi significati, sistemi di ideali ed anti ideali. Questi sistemi hanno breve durata, vengono continuamente sostituiti da nuovi aggiornamenti, ma , nonostante ciò, influenzano il nostro comportamento, le nostre opinioni ed il nostro gusto estetico, nello stesso modo in cui un tempo riuscivano a dominarci i sistemi degli ideologi.
Può sembrar strano, ma l’attuale ondata globalizzatrice che sconvolge il mondo intero trova gli europei dell’est, e quindi anche gli slovacchi, più assuefatti di noi occidentali a quell’inevitabile livellamento del gusto e dei comportamenti che ne deriva e ciò per il fatto stesso di aver loro invece dovuto, in passato, sopportare il giogo di un regime totalitario.
Non è strano però che, proprio per questi motivi, più forte è la loro reazione , in quanto abituati alla lotta ed alla resistenza, con un convinto impegno nella ricerca di una identità individuale.
Se per noi occidentali la libertà è un’abitudine di cui fingiamo quasi di non più accorgerci, per gli slovacchi averla così di recente ritrovata è una gioia che traspare con evidenza nell’impegno e nell’entusiasmo che trasfondono nella loro attività creatrice.
VIDEO SELEZIONATI:
Dusan Zahoransky, The Georgian summer, 2006
Mira Gáberová, Between, 2005
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Maja Stefanicová, Dictionary: 77 entries, 2007
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Radovan Bries, CEZ OKNO, 2006/2007
Radovan Bries, Myšlienky, 2009
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Anna Tretter, O.T. , 1997-2002
Petra Ferancova, Forward
Andrea Chrenová e Monika Kováčová, Walk on by, 2009
Richard Kitta, NatuREcord
Andràs Csèfalvay, Cyberclasm, 2008
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Lukáš Matejka, 20m
Lukáš Matejka, Digital Sculler, 2007
Marek Stolarcik, OUTLINE, 2007
Marián Balko, nosirP, 2008
Martin Palkov, catharsis, 2007
Martin Palkov, Vykukanie, 2006/2007
Michal Murin, KO, 2006
Ondrej Vozarik, HANDSFREE, 2007/2008
Eja Devečková, Gestures, 2008
Jana Bubelinyova, Untitled
Boris Vaitovic, short town, 2000
Boris Vaitovic, Own Life, 2005
Richard Kitta, in (vhs) memory of jp2, 2005
Illah van Oijen, The impossible, 2008
Olga Pastekova, In the Wind
Matúš Lányi, Revelation, 2006
Miro Nicz, Stiky sweet, 1996
Adriana Janechová, Jump to the other age, 2008
Zuzana Masárová, Faidon, 2007/2008
lunedì 2 marzo 2009
Playlist a cura di Angela Madesani
Grandi classici e nuove proposte dal 1963 a oggi
a cura di Angela Madesani.
VIDEO SELEZIONATI:
Bruno Sorlini, Untuned 1, 2006
Cioni Carpi, Un giorno un aereo, 1963
William Kentridge, Zeno writing, 2002
Fischli e Weiss, The point of least resistente, 1981
Hiroyuki Masuyama, 01.01.2001 31.12.2001, 2002
Elisabetta Müller, Hell of delight, 2007
Carlo M.Schirinzi, Arca di concentramento, 2008
Manuela Cirino, Moi e Les Mistons, 2005
Mammafotogramma, Aztrokitifk & Mario, 2008
Luisa Rabbia, Travels with Isabella, 2008
Pierpaolo Curti, Poliedro, 2007
Davide Skerlj, Monumento zero, 2006
Devis Venturelli, Continuum, 2008
Bruno Sorlini, Space time, 2008
a cura di Angela Madesani.
VIDEO SELEZIONATI:
Bruno Sorlini, Untuned 1, 2006
Cioni Carpi, Un giorno un aereo, 1963
William Kentridge, Zeno writing, 2002
Fischli e Weiss, The point of least resistente, 1981
Hiroyuki Masuyama, 01.01.2001 31.12.2001, 2002
Elisabetta Müller, Hell of delight, 2007
Carlo M.Schirinzi, Arca di concentramento, 2008
Manuela Cirino, Moi e Les Mistons, 2005
Mammafotogramma, Aztrokitifk & Mario, 2008
Luisa Rabbia, Travels with Isabella, 2008
Pierpaolo Curti, Poliedro, 2007
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Devis Venturelli, Continuum, 2008
Bruno Sorlini, Space time, 2008
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